LO SA IL MONDO?

9 01 2009

Mi accingo a scrivere queste note con la “morte nel cuore” per le vittime civili innocenti di entrambi i Popoli costretti a “subire” la guerra.

Rigetto con convinzione e fermezza ogni “idea” che possa concepire la morte e la distruzione di un qualsiasi Popolo.

Mi permetto di suggerire (niente di più) di non minimizzare ogni sintomo di “intolleranza” (di qualunque tipo) di uomini verso altre persone. I “piccoli numeri” non devono essere trascurati: una sola cellula cancerogena, se sottovalutata a “momento opportuno”, può dar luogo ad una metastasi  e, quindi, a danni ormai “irreparabili”.   

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Falsità, pregiudizi, spargimento a piene mani di odio: anche nella guerra che Israele è stato costretto ad intraprendere nella Striscia di Gaza.

Che farebbe l’Italia se sul suo territorio, per anni, cadessereo razzi, missili  o quant’altro? Siamo sinceri, non ipocriti! E’ facile emettere sentenze quando gli accadimenti non ci toccano!

Ai Palestinesi, così come agli Israeliani, l’augurio di cuore che si arrivi finalmente alla PACE DURATURA tra due Popoli che hanno sofferto anche troppo.

Ma la Pace (quella con la P maiuscola) non può prevedere l’annientamento e la morte di Israele: un’assudità sotto ogni punto di vista.

Un’amara riflessione: a quella ragazza che (non ricordo in quale Paese) qualche giorno fa gridava  “Ebrei ai forni”, vorrei semplicemente suggerire di riflettere: “E se fossi io, mio padre, mia madre, mio figlio, mio marito, mio nonno… ad essere bruciati nei forni?” 

Che orrore!!

Quanta tristezza pensando che si potrebbe vivere tutti serenamente in questo mondo che ci  “ospita”.

Gli animali non conoscono la estrema crudeltà che l’uomo (???) sa metter in atto, anche con le parole e non solo con le azioni vigliacche e immorali.

C’è di che VERGOGNARSI!

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Intendo mettere a disposizione di chi è libero da idee preconcette e sa ragionare con la propria testa (se non si è d’accordo, lo si dica, si discuta….) alcuni articoli che, se non altro, faranno riflettere.

Di mio ci saranno solo i grassetti.

 

Di Rotem Yacobi – uno studente israeliano di Beer Sheva 

Lo sa, il mondo, che le Forze di Difesa israeliane avvertono con volantini e telefonate i civili palestinesi prima di colpire gli edifici usati da Hamas come depositi di armi o basi di lancio?

Lo sa, il mondo, che per tutta risposta Hamas piazza uomini, donne e bambini sui tetti di quegli edifici perché sa che a quel punto le forze israeliane (certo, salvo errori) non li colpiranno?

Lo sa, il mondo, che gli uomini di Hamas sparano dai centri abitati usando i civili come scudi umani?

Lo sa il mondo che, nel momento stesso in cui stanno combattendo Hamas, le forze israeliane si preoccupano di far arrivare alla popolazione palestinese aiuti umanitari come cibo, medicine e attrezzature sanitarie?

Lo sa il mondo che, mentre combattiamo per difendere il nostro diritto a vivere in pace e sicurezza, malati palestinesi vengono ricoverati e curati negli ospedali israeliani?

Ha saputo, il mondo, di quei venti casi in cui dei palestinesi hanno approfittato dei loro problemi di salute, e dunque del permesso di entrare in Israele, per cercare di compiere attentati terroristici contro la nostra popolazione?

Mi domando: dove era il mondo un anno e mezzo fa, quando gli uomini di Hamas massacravano per le strade quelli di Fatah e innumerevoli altri palestinesi innocenti per prendere il potere nella striscia di Gaza?

Lo sa il mondo che, da quando Israele si è ritirato dalla striscia di Gaza nell’estate 2005, Hamas e i suoi alleati hanno sparato più di 6.000 razzi e granate su Israele, colpendo cittadini innocenti?

 

Per leggere l’intero articolo:

http://www.israele.net/articolo,2369.htm

 

Breve disamina di sei tipiche frasi fatte, luoghi comuni anti-israeliani, che si incontrano di continuo nelle critiche alla controffensiva anti-Hamas lanciata da Israele nella Striscia di Gaza (sintesi).

 

Per leggere l’intero articolo:

http://www.israele.net/articolo,2363.htm

Da: israele.net, YnetNews, 30.12.08

1) “La reazione di Israele a Gaza è sproporzionata”.
La guerra non è una gara sportiva né un’equazione matematica. L’obiettivo di fondo di qualunque soggetto in guerra (anche e forse soprattutto di chi in guerra viene trascinato) è quello di infliggere il più alto danno possibile al nemico cercando di subire il minor numero di perdite possibile. In nessuna guerra si è mai chiesto a una parte – specie a quella che reagisce a un’aggressione – di “proporzionare” i propri successi (ad esempio, il numero di combattenti nemici uccisi) al numero di perdite subite. Cosa dovrebbe fare, chi sta vincendo? Esporre i propri militari e civili a più colpi del nemico per soddisfare le esigenze di “proporzionalità” degli spettatori? Come ha scritto André Glucksmann [filosofo francese NdR], quale sarebbe la giusta proporzione da rispettare per far sì che Israele si meriti il favore dell’opinione pubblica? L’esercito israeliano dovrebbe forse usare le stesse armi di Hamas, vale a dire il tiro arbitrario dei razzi oppure la strategia delle bombe umane che prendono di mira intenzionalmente la popolazione civile [questa la “discriminante” tra Israele e Hamas]? Oppure dovrebbe pazientare finché Hamas, grazie a Iran e Siria, non sarà in grado di “riequilibrare” la sua potenza di fuoco? Bisogna “proporzionare” anche gli scopi perseguiti? Se Hamas vuole annientare Israele e i suoi cittadini, forse Israele dovrebbe imitarlo annientando la striscia di Gaza e i suoi abitanti? Si vuole davvero che Israele rifletta, in misura proporzionale, i piani di sterminio di Hamas?
(omissis) ……………………….

Non c’è equivalenza legale tra l’uccisione deliberata di civili innocenti e l’uccisione mirata di combattenti nemici. La proporzionalità non è data dal numero di civili uccisi, bensì dal rischio cui sono sottoposti. Qualche giorno fa un razzo Hamas ha centrato un asilo d’infanzia a Beer Sheva, [solo]fortunatamente in quel momento vuoto [l’intenzione era..]. Il diritto internazionale non esige da Israele che lasci giocare Hamas alla roulette russa con la vita dei suoi figli.

(omissis) ……………………..

Lo scopo è rimuovere le condizioni che hanno portato al conflitto e alla perdita di vite.
Infine, l’inferiorità sul piano militare non significa superiorità sul piano morale.

(omissis) …………………………………………………..

Essere militarmente più deboli non significa aver ragione.

continua

 

2) “I Qassam non uccidono”.

3) “E’ tutta colpa dell’assedio israeliano alla striscia di Gaza, Israele dovrebbe lasciar entrare gli aiuti”.

4) “Non bastava rinnovare la tregua?”

5) “Ma Hamas era stata eletta democraticamente, dunque perché Israele non l’accetta?”

6) “Israele spara sui civili”.

 

 12.01.2009

 

 

 





D’UN TRATTO….

7 01 2009

D’UN TRATTO NEL FOLTO DEL BOSCO.

Amos Oz- Feltrinelli, 2005

 

 

Una “personale” recensione

Più che un racconto, è una favola rivolta a bambini divenuti ormai “grandi”.

A quegli adulti che hanno perso (ma possono riappropriarsene) quanto di più buono e genuino c’è nell’animo di chi vive la prima infanzia, scevra di malizia e di cattiveria fine a se stessa.

Ne consiglio la lettura a tutti coloro che albergano nel loro cuore ancora dei “sentimenti”.

Con la maestria che sempre lo contraddistingue, l’Autore israeliano racconta di un paese assolutamente privo di qualsiasi animale, dalla mosca alla mucca. 

Tutti questi esseri viventi, tanto tempo fa, avevano abbandonato il piccolo centro abitato, per sfuggire, una volta per tutte, alle angherie ed ai soprusi cui erano quotidianamente sottoposti dagli “uomini”. Ancor prima che ciò avvenisse, anche un fanciullo di soli dieci anni si era già allontanato da questo paese triste, arido, privo di ogni sentimento. Il bambino, a motivo dei suoi difetti fisici (reali, presunti, inventati) era stato completamente emarginato dalla intera comunità del paese.

Il racconto (una favola?) altro non è se non una struggente parabola contro ogni tipo di pregiudizio e di emarginazione, in qualunque modo essi possano manifestarsi. Il conseguente inaridimento d’animo che tali nefande azioni procurano, si riflette anche su chi diviene l’artefice di tale “allontanamento” dalla comunità, e non solo su chi lo subisce e cova, suo malgrado, cupi risentimenti di “rivalsa”.

Anche gli animali, troppo spesso,  sono oggetto di sopraffazione da parte dell’uomo (non è tale la loro uccisione per puro piacere, diletto, sadismo?)..

Ecco il motivo per cui, insieme e nello stesso giorno, tutti gli animali decidono di allontanarsi da quell’abominevole paese, e vanno a stabilirsi lontano, all’interno di un grande e fitto bosco.

Qui, tuttavia, si ritrovano non solo la gallina ed il bue provenienti dal “paese”, ma anche la tigre, il leone, il coccodrillo giunti da altre località. Sì, perchè i soprusi e le intolleranze si manifestano in ogni luogo della terra.

Ma, strano a dirsi, in questo bosco si trovano, l’uno accanto all’altro, il lupo e l’agnello, il leone e la gazzella.

Non ci sono più i predatori? I cacciati non hanno più bisogno di fuggire? Com’è possibile?

Al bimbo (soprannominato dagli abitanti del paese il “demone del bosco”) che si era allontanato dal “luogo” ancor prima degli animali, venne l’dea di coltivare in abbondanza il carnemone, una pianta dal gusto di “carne”.  I predatori, potendone mangiare in grande quantità, non sentono più la fame e smettono, così, di cacciare le “prede” naturali le quali, a loro volta, non hanno più alcun bisogno di fuggire da loro.

Rompere con i soliti “schemi” può, talvolta, procurare grandi risultati.

Un bimbo ha trovato la soluzione per fare sì che nessuno possa più uccidere un suo simile per dover “sopravvivere”. All’uomo, alla persona, all'”essere superiore” (in che cosa?) manca anche la semplice volontà di provare a perseguire la realizzazione della reale “pace”.

Questo è il vero senso del “messianesimo” ebraico. Un’era di pace. Quella vera, non una vana parola che, spesso, racchiude in sé un solo senso: “contro i diversi (da chi? Perché?)”.

Il libro di Oz, offre :…. Una morale triste, inconsueta,, in cui tutti gli animali, pur se assenti. insegnano agli uomini a parlare una lingua in cui nessuno si sente beffato, diverso. Perché la lingua degli animali ha tante parole, ma nemmeno una che sia capace di esprimere il distacco e l’esclusione. [IV di copertina].

Solo al fine di evidenziare tanto lo sconforto dell’Autore quanto la sua “volontà” di reagire e sperare in un mondo più a misura d’uomo, offrendo l’apporto della sua parola, traggo testualmente alcuni brevi spunti dal libro in argomento.

Il “demone”, il bambino emarginato da “tutto” il paese, dice: …Del resto, in ogni classe, in ogni gruppo c’è sempre uno così [come me, il “demone”-NdR], malvoluto, uno fuori del comune [la normalità, cos’è]? che ovunque vada la compagnia lui s’ostina d’andare sempre dietro…Ma la compagnia non prova alcun interesse per lui. E senza alcuna particolare ragione: in sostanza, loro non lo vogliono e basta [pag. 84-85].

………….Alcuni animali hanno persino parole che quasi assomigliano a una preghiera:

parole speciali di riconoscenza per il sole… Ma nelle lingue degli animali non ci sono parole per umiliare o offendere. Questo proprio no. [pag. 89].

………Qui da noi non ci si vergogna a stare nudi, in fondo siamo sempre tutti nudi sotto i vestiti, è solo che ci hanno abituati, sin da piccoli, a vergognarci di ciò che è vero e andare fieri di tutto ciò che è menzogna. E ci hanno abituati a essere contenti di quello che abbiamo solo se non l’hanno gli altri. E peggio ancora, ci hanno abituati sin da piccoli a nutrire idee malsane che cominciano sempre con parole come: “Ma tutti….”. Qui da noi l’unica vergogna è mettere alla berlina [pag. 90-91].

Se si riflette solo un po’, ci si può rendere conto quale profonda verità sia racchiusa in  queste parole.

E’ sempre il “demone del bosco” che continua a parlare rivolgendosi ai due bimbi, un maschio ed una femmina (Mati e Maya), che hanno avuto il coraggio di “rompere” con l’ingiustizia perpetrata dagli abitanti del paese ai danni non solo degli animali, ma anche del “demone” e di un altro bambino, anch’egli emarginato dai propri compaesani.

……Finchè un giorno, cihissà,  forse gli animi cambieranno e noi tutti scenderemo dalla montagna e forse ci sarà un cuore nuovo per tutti noi, uomini e animali, e tutti i carnivori si abitueranno a mangiare il carnemone invece di cacciare.

… Adesso andate in pace. E non dimenticate [di quanto di bello avete potuto vedere nel “fitto del bosco”]. Nemmeno quando sarete grandi, adulti, e forse genitori, non dimenticate.    

Ah, la speranza! Guai se non ci fosse! Quanta ragione avevano gli antichi romani ad invocarla: “Spes, ultima dea”.

Sperare, e non dimenticare: mai.

Anche gli Ebrei sperano ancora, convintamente, caparbiamente nella venuta del Messia. In un mondo riconciliato, nella Vera Pace.

Shalom! Alla Vita!

 

Roma, 20.05.2008