CONTRO OGNI ODIO
L’ empatia è un sentimento quasi del tutto sconosciuto (e, ancora meno, manifestato) dalla stragrande maggioranza delle persone. Questo è il motivo principale per cui nascono incomprensioni, conflittualità singole e collettive, fino a trasformarsi in odio cieco che può sfociare in guerre irriducibili.
Chi abusa di donne e bambini, oltrechè essere “mentalmente deviato”, infligge loro anche del male fisico e psichico, oltremodo crudele. Perchè dimostra di non possedere minimamente il sentimento di empatia. Che, come si avrà modo di analizzare nel prosieguo, non è sinonimo di “buonismo”, ma presuppone essenzialmente la ricerca della conoscenza dell’altro (che può interessarci oppure no, ma che, in ogni caso, vale sempre la pena di verificare).
Il mondo è in un continuo stato di conflittualità, proprio a motivo della carenza totale di tale sentimento. L’uomo che arriva ad infliggere pene tremende ai propri figli, che giunge ad uccidere la propria moglie anche per futili motivi, fino ad arrivare all’estremizzazione del terrorismo, dei conflitti tra nazioni: ecco a che cosa può condurre una carenza di empatia.
Ma, nella sostanza, che cos’è, chi è “costei”?
L’empatia
La parola deriva dal greco empateia, a sua volta composta da en (dentro) e pathos (sofferenza o sentimento). Veniva usata dagli antichi Greci per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l’autore-cantore al suo pubblico.
Nell’uso comune, empatia è l’attitudine a rivolgere la propria attenzione verso un’altra persona, mettendo da parte le preoccupazioni ed i pensieri personali nei suoi confronti. La qualità della relazione si basa sull’ascolto non valutativo, e si concentra sulla comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell’altro. Proprio per tale motivo bisogna conoscere, ancor prima che comprenderle, le ragioni dell’altro.
L’empatia si sarebbe sviluppata poichè mettersi nei panni dell’altro (per sapere che cosa pensa e come potrebbe reagire), costituisce un importante fattore di sopravvivenza in un mondo in cui l’uomo è in continua competizione con i propri simili. Può tramutarsi in un processo di comunicazione non violenta.
In sintesi, l’empatia è la capacità di comprendere cosa un’altra persona stia provando.
Analizziamo, brevemente, quali sono le caratteristiche salienti alla base di questo importante sentimento.
Il primo luogo, l’empatia consiste nella scoperta dell’esistenza dell’altro (non vivere solo di egoismo) e, di conseguenza, nello sforzarsi di comprendere quel che egli/lei sente o prova. Questo atteggiamento può sfociare in una vera nuova esperienza sociale. Viene, in tal modo, messa in contatto la ricchezza dell’esistenza degli altri accanto alla nostra, coinvolgendo fortemente chi la mette in atto, pur mantenendo netta la distinzione tra lui e gli altri.
L’empatia permette di immaginarsi il dolore che può sentire un altro, un estraneo con il quale posso anche dissentire o nel quale non mi riconosco affatto. Chiedendo, tuttavia, a me stesso il perché di determinati sentimenti senza che sia io a dare una risposta, ma andandone comunque alla ricerca. Si pensi quanto bene potrebbe produrre questo sentimento se solo chi commette un’azione nefanda (uno stupro, una brutalità contro un bambino, un atto violento di antisemitismo o di razzismo, ecc) riflettesse: ” E se quanto sto facendo accadesse a me?”
E’ un modo per scoprire la realtà di ciò che vive in un’altra persona e che, in un modo o in un altro, ci coinvolge. Si è, allora, sollecitati a comprendere anche le sue ragioni.
Presuppone la capacità di saper ascoltare, senza preconcetti e senza voler imporre la propria visione agli altri. Tutto l’inverso di quello che accade ogni giorno (si sprecano gli esempi che ci propinano le televisioni, tutte, attraverso dibattiti politici e non): solo io ho ragione ed alzo la voce a più non posso per esprimerla, senza nemmeno ascoltarti (non dandoti neppure la possibilità di parlare).
E’ anche un modo razionale per integrare tra loro esperienze diverse. Per questo si fa leva sulla facoltà di arrivare ad intuire ciò che prova l’altro. Ciò che è estraneo a noi, grazie all’empatia si trasforma in relazione, parola e , ancora una volta, ascolto. Con un ossimoro si potrebbe arrivare a dire addirittura il silenzio assordante dell’ascolto.
L’empatia è in grado di eliminare l’ignoto tra due estranei. E’ il riconoscimento dell’altro. Questo sentimento permette di conoscere (accettandoli o rifiutandoli) i sentimenti dell’altro, partecipando agli stessi, immedesimandoci nel nostro interlocutore.
Si apre, tra due sconosciuti, un mondo in comune, pur nei limiti della propria individualità. Empatia significa immaginarsi l’esperienza dell’altro, acquisire un’assunzione di responsabilità verso l’altro, quale soggetto che soffre, gioisce, odia. Due differenti punti di vista possono trovare (solo se c’è la buona volontà) dei punti in comune.
L’empatia è una forza vitale positiva in quanto tale sentimento sollecita a sondare la vita che riguarda l’altro. Non sempre è necessaria la reciprocità. Anche nel caso in cui, preconcettualmente, questa non ci sia nella controparte, esiste sempre la possibilità che la stessa senta che l’interlocutore è interessato al suo destino. E’ un buon punto di partenza.
Termino questa breve disamina, facendo mia una riflessione di un carissimo amico, nonchè profondo studioso, Claudio Della Valle. La sua esperienza richiama concetti spesso espressi dalla cultura orientale.
E’ una riflessione [quella sull’empatia] che feci già molti anni or sono quando stavo per schiacciare una mosca che mi dava fastidio. Per un attimo mi sono identificato in quella mosca ed ho pensato forse in un tempo lontanissimo o anche ora, perché no?, io avrei potuto essere quella mosca o che una piccola parte di me potesse essere viva in lei pur non avendone ordinariamente coscienza. Come spiegare meglio di così il “senso” di empatia? Ogni essere, ogni cosa ha una sua specifica funzione nel mondo concreto. Tanto più le persone.
Un impegno a far sempre un maggior uso dell’empatia, potrebbe costituire un potente antidoto contro ogni odio.
Uno stupro, un abuso su un bimbo, una violenza su un invalido (che già soffre non poco per questa sua menomazione). Basterebbe sapersi “mettere nei loro panni” per sentire il male che viene loro inferto.
Ebrei ai forni! Quale abisso dell’animo umano, dell’Uomo! Chi bestemmia in tal modo, dovrebbe solo pensare che cosa proverebbe se, al posto di quegli Ebrei, ci fosse sua madre, suo padre, suo fratello, un suo figlio, un suo amico, lui medesimo. Costui dovrebbe sapere che solo per puro caso non è nato Ebreo, oppure negro, oppure un animale, e così via. Se costui è quello che è (per nascita) non è né merito né demerito suo. Rifletta semplicemente!
Due popoli che arrivano ad odiarsi profondamente, non a causa di un torto e di una ragione, ma a motivo di due ragioni, e per questo entrambi hanno già troppo sofferto, non vale forse la pena di cercare una soluzione alternativa per poter vivere in pace tutti e due? La vita su questa terra è una sola (soltanto alla morte non c’è rimedio). Dell’altra vita nulla sappiamo. Possiamo unicamente sperare e credere nella sopravvivenza …
E’ forse un’Utopia pensare che “le persone” si rendano conto che così non si può andare avanti, che c’è il pericolo di “autodistruggersi” con le proprie mani? Io mi auguro fortemente che non lo sia. Sono, infatti, fermamente convinto che siamo ancora in tempo per “rinsavire”. Ma, per questo, è assolutamente necessario rompere gli schemi che non hanno funzionato. Senza, per questo, dover nuovamente scomodare il solito Barack Obama (cui vanno riconosciute, peraltro, la grande personalità e la voglia, appunto, di cambiare) come fanno attualmente tutti quelli (e sono tanti) che non hanno idee proprie in proposito.
Errare humanum est, perseverare……
Che cosa pensano, in proposito, i lettori?
Bibliografia
[1] Enciclopedia WIKIPEDIA