Fa parte dell’articolo LA PACE POSSIBILE
Dopo i quasi diuturni attacchi terroristici da parte di kamikaze palestinesi, che perduravano da anni seminando morti e feriti tra civili inermi, Israele decise la costruzione del ”muro” a protezione dei propri cittadini.
Questo è il primo dovere di uno Stato: difendere l’incolumità di coloro che vivono nello stesso.
Israele, di fronte a mali estremi, mise in atto un “estremo rimedio”. Quale Nazione, nelle stesse condizioni, non avrebbe agito similmente? Senza ipocrisia…..
Costruire ponti invece di separazioni! Belle parole, ma come realizzare questo nella pratica se non esistono le condizioni “minime” per poterlo fare?
Dopo la costruzione del muro, gli attentati terroristici diminuirono drasticamente: era questo l’unico obiettivo d’Israele.
Non va neppure dimenticato (lo si fa troppo spesso, in mala fede) che, anche in questo frangente, Israele “reagisce” ad una provocazione, che viene da parte palestinese, e non viceversa.
Da parte dei Palestinesi, ovviamente, questa “costruzione” è vista come una maledizione, per due motivi.
In primo luogo, per le famiglie palestinesi che si ritrovano “divise” dal muro, ciò crea forti disagi (un eufemismo?), sotto l’aspetto sia pratico sia psicologico. In secondo luogo, i Palestinesi vedono questa costruzione come futuro confine che dovrebbe dividere i tanto auspicati “due Stati”: Israele e Palestina.
Personalmente ritengo possano esservi le condizioni politiche per “limitare” al massimo il “peso” di questo muro.
Ci vorrebbe una netta presa di posizione da parte dei Palestinesi per evitare gli attacchi terroristici dei kamikaze (è questa l’unica causa della costruzione del muro). Contestualmente (raggiunta tale condizione essenziale) ci vorrebbe pure da parte d’Israele una propensione a “correggere” quanto di negativo ciò comporta per i Palestinesi.
Una pura utopia?
Mi auguro non lo sia!
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IL MURO | Giacomo Korn